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24/12/2016
Vendite via internet
CERTIFICAZIONE CORRISPETTIVI CONSEGUITI VIA INTERNET


La vendita tramite Internet non è regolata esplicitamente da alcuna disposizione. Gli unici riferimenti normativi, chiaramente obsoleti, possono essere rinvenuti nell’art. 36 della legge n. 426/71 (e nell’art. 55 del regolamento applicativo, di cui al D.M. n. 375/88) che concerne le forme speciali di vendita.

Nella disposizione citata si stabilisce che le vendite, effettuate esclusivamente nei confronti del consumatore finale, realizzate mediante invio a domicilio di incaricati, per corrispondenza, catalogo e televisive, sono subordinate alla sola iscrizione al REC dell’imprenditore, senza la necessità di alcuna autorizzazione commerciale.

Le regole previste nella legge n. 426/71 - a parte gli obblighi verso il REC che è stato abrogato - sono state sostanzialmente confermate dall’art. 18 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, recante la riforma della disciplina del commercio. Questo articolo – entrato in vigore il 24 aprile 1999 - compendia una serie di tipologie di vendite a distanza e, più esattamente, quelle per corrispondenza, quelle televisive e quelle effettuate mediante altri sistemi di comunicazione, tra i quali è possibile senz’altro annoverare le vendite elettroniche.
Il ministero dell’Industria, con la Circolare n.3487/C del 1° giugno 2000 ha fornito alcune indicazioni sulla disciplina applicabile all’attività di vendita tramite mezzo elettronico e ha tra l’altro confermato che «il commercio elettronico, ossia l’attività commerciale svolta nella rete Internet mediante l’utilizzo di un sito Web (e-commerce), ove sia svolta nei confronti del consumatore finale e assuma la forma di commercio interno, è soggetta alla disciplina dell’articolo 18 del predetto decreto 114».
Ciò in quanto il D.Lgs. 114, per effetto di quanto disposto dall’art.4, comma 1, lettera h), punto 3, trova applicazione anche con riferimento alle forme speciali di vendita effettuata «tramite … altri sistemi di comunicazione», implicitamente comprendendo anche il mezzo elettronico
Si tenga però presente che il d.lgs. n. 114/98, contiene alcuni evidenti limiti ad una disciplina completa per l’operatore di commercio elettronico su Internet. Innanzi tutto, l’art. 18 si applica solo a chi intende vendere al consumatore finale. Ciò stante per le forme di vendita all’ingrosso effettuate in rete o nelle forme di commercio elettronico verso le imprese (forma denominata “business to business) trovano attuazione le regole ordinarie di avvio dell’attività di impresa, restando quindi disapplicata la regola dell’autorizzazione comunale.
Emissione dello scontrino in alternativa alla richiesta di fattura da parte del cliente.
Problematica relativa al "rilascio" del documento.
Possibilità di fatturazione elettronica e di registrazione dei corrispettivi in caso di pagamento con carta di credito.
Esonero dall’emissione dello scontrino e annotazione nel registro dei corrispettivi.
Stante quanto previsto dall’art.22 del DPR 633/72, ai commercianti al dettaglio, ai pubblici esercizi e alle altre categorie di soggetti ad essi assimilati è concessa la facoltà di non emettere la fattura, a meno che sia richiesta dal cliente, non oltre il momento di effettuazione dell'operazione.
La facoltà di non emettere la fattura è dunque riconosciuta al commerciante al minuto, la cui caratterizzazione è la vendita di merci nei confronti di privati consumatori, indipendentemente dalla forma di vendita posta in essere; l'agevolazione si applica, quindi, sia alle vendite effettuate in sede fissa (locale aperto al pubblico), che in spacci interni, o mediante apparecchi di distribuzione automatica, per corrispondenza, a domicilio o in forma ambulante.
A seguito della riforma del commercio avvenuta con il citato D.Lgs. n.114 del 31 marzo 1998, anche la vendita a privati consumatori effettuata utilizzando Internet è assimilata, come visto, alla vendita per corrispondenza.
Per chiarezza logico sistematica, va precisato che l’assimilazione del commercio Internet alle vendite per corrispondenza riguarda esclusivamente la vendita di beni tradizionali (come il vino, i libri, i computer etc.) e non anche il commercio dei prodotti digitali, la cui vendita – come si vedrà - integra invece la fattispecie della prestazione di servizi.
Commercio elettronico indiretto: certificazione dei ricavi con annotazione sul registro dei corrispettivi.
In sostanza, la configurabilità dell’e-commerce come vendita per corrispondenza – e quindi il suo inquadramento nell’area del commercio al minuto - ha ragione di essere solo se ci si riferisca al cosiddetto commercio elettronico indiretto, vale a dire alle transazioni realizzate "on-line" solo per quanto riguarda la fase preliminare dell’ordine della merce ed eventualmente anche del relativo pagamento, ma non per quanto attiene alla consegna al domicilio o alla sede dell’acquirente, consegna a cui viene dato seguito nella maniera tradizionale, attraverso il servizio postale o lo spedizioniere.
Ciò stante, sotto il profilo IVA, i corrispettivi per la cessione di beni fisici negoziati via Internet devono essere certificati sulla base di quanto previsto dalle disposizioni sul commercio al minuto[1] ed in particolare a quelle specificatamente riferite alle vendite per corrispondenza.
Le cessioni in questione sono regolamentate dall'art.2, comma 1, lettera oo), del DPR 21 dicembre 1996, n.696, in base al quale è stabilito l'esonero dalla certificazione dei corrispettivi (né fattura e né scontrino) per i soggetti che effettuano le vendite per corrispondenza, limitatamente a queste cessioni[2].
In concreto, per le vendite ai consumatori privati di beni negoziati via Internet, non sussiste alcun obbligo di certificazione (fattura, scontrino o ricevuta fiscale) dell'operazione, essendo sufficiente la sola annotazione sul registro dei corrispettivi.
La mancanza di un obbligo all’emissione dello scontrino per le vendite formatesi per corrispondenza non preclude, però, che il commerciante Internet debba obbligatoriamente emettere la fattura, se tale emissione è richiesta dal cliente. In questo caso la fatturazione si rende dovuta indipendentemente dall'ammontare del corrispettivo, che potrà pertanto essere anche esiguo, non essendo prevista una soglia al di sotto della quale il commerciante possa rifiutare l'emissione della fattura.
Le vendite per corrispondenza, infatti, ancorché con gestione amministrativa semplificata, rientrano pur sempre nell’ambito delle operazioni menzionate nell'art.22 del DPR 633/72, in base al quale la fattura va sempre emessa qualora sia richiesta dal cliente.
Problematica operativa relativa all’eventuale rettifica dei corrispettivi.
La soluzione dell’esonero dall’emissione della fattura è senza dubbio un’importante semplificazione negli adempimenti amministrativi connessi con la vendita al pubblico di merci via Internet. Essa presenta tuttavia anche delle controindicazioni con particolare riguardo alla gestione IVA dell’eventuale recesso esercitato dal consumatore entro i termini previsti dal DLgs 15 gennaio 1992, n. 50 in materia di contratti negoziati fuori dei locali commerciali
Infatti, ai contratti stipulati con strumenti informatici o telematici si applicano le disposizioni previste dal DLgs n. 50/92[3], di attuazione della direttiva n. 85/577/CEE in materia di contratti negoziati fuori dei locali commerciali.
Il DLgs n. 50/92 ha introdotto il principio base del diritto di recesso per il consumatore[4] quando il contratto sia stato negoziato fuori dai locali commerciali e, quindi, senza che il consumatore stesso abbia potuto avere il giusto tempo per ponderare la decisione.
È importante notare che l’art. 9, comma 1, di detto D.Lgs., trattando delle altre forme speciali di vendita (offerta televisiva o altri mezzi audiovisivi), estende la portata della tutela anche ai “contratti conclusi mediante l’uso di strumenti informatici e telematici".
In considerazione del disposto dell’art.6 del citato D.Lgs.50, il consumatore che intenda esercitare il diritto di recesso deve inviare all'operatore commerciale - mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento - una comunicazione in tal senso nel termine di 7 giorni, che decorrono dalla data di sottoscrizione della nota d'ordine o dalla data di ricevimento della merce, nel caso in cui non sia predisposta una nota d'ordine.
In tale contesto negoziale, l'utilizzo del registro dei corrispettivi impedisce all'operatore di procedere alla variazione in diminuzione delle operazioni effettuate in dipendenza del «ripensamento» del cliente entro il termine concesso dalla legge.
Stante, infatti, quanto chiarito dall’Amministrazione finanziaria[5], i contratti conclusisi ai sensi del citato D.Lgs. 50/92 debbono intendersi perfezionati all'atto della spedizione del bene, a nulla rilevando la successiva restituzione del bene stesso da parte del cliente. Ad avviso dell’Amministrazione, infatti, <>.
Sotto il profilo dell’applicazione dell’IVA, quindi, la vendita è già perfezionata anche se il cliente ha esercitato il diritto di recesso ad esso spettante.
L’operatore Internet ha dunque titolo per recuperare il debito erariale per l’IVA – tramite nota di variazione ai sensi dell’art.26, comma 2, del DPR n.633/72 - soltanto se esso, per la singola operazione da rettificare, ha optato in modo facoltativo per l’emissione della fattura (ai sensi dell’art.21 del DPR 633/72) in luogo dell’annotazione sul registro dei corrispettivi.
Se, invece, l'operazione non è stata fatturata, la rettifica non può influenzare l'imposta già definitivamente acquisita nel momento di registrazione del corrispettivo.
La certificazione dei corrispettivi conseguiti nel commercio elettronico diretto.
Il riportato quadro degli adempimenti connessi con la certificazione dei corrispettivi derivanti dal commercio elettronico indiretto appare profondamente diverso ove si faccia riferimento al commercio elettronico diretto, vale a dire alle transazioni telematiche integralmente perfezionate via Rete, anche per quello che attiene alla consegna di prodotti digitali o alla prestazione di servizi.
A questo proposito va evidenziato che - ad avviso di taluna prassi amministrativa[6] - è legittimo includere le operazioni di commercio elettronico diretto nel novero di quelle rese nell'abitazione del cliente, di cui all'art. 22, comma 1, n. 4), del DPR 633/72, cosicché per tali operazioni l'esercente l'attività commerciale ha facoltà di non emettere fattura, a meno che non sia richiesto dal cliente.
Va tuttavia tenuto presente che le prestazioni di servizi tramite rete non risultano riconducibili a nessuna delle operazioni escluse dall'obbligo di certificazione, elencate nel citato art.2 del DPR 696/96, per le quali - come visto - è stabilito l'esonero dall'obbligo di certificazione dei corrispettivi.
La mancata possibilità di riconoscere alla fattispecie del commercio elettronico diretto l'esonero dalla certificazione dei corrispettivi comporta, sul piano pratico, problemi di non immediata soluzione.
Infatti, una volta accertata l'obbligatorietà dell'emissione del documento (ricevuta o scontrino) comprovante il corrispettivo conseguito, deve essere verificata la modalità con la quale detto documento possa essere rilasciato al cliente, in considerazione del fatto che la transazione commerciale si perfeziona senza che cliente e fornitore entrino in contatto personale tra loro.
D'altra parte, per le certificazioni fiscali eseguite tramite scontrino non è possibile effettuare il "rilascio" del documento tramite trasmissione a mezzo sistemi informatici, come invece l'Amministrazione finanziaria ha consentito in relazione alla "consegna" o "spedizione" della fattura[7].
Dal punto di vista pratico, proprio dalla riportata difficoltà operativa nell'adempiere al "rilascio" dello scontrino o ricevuta, può derivare la disapplicazione, per la cessione di beni virtuali o per l’effettuazione di prestazioni di servizi via Web, della semplificazione gestionale della tenuta del registro dei corrispettivi in luogo dell'emissione della fattura.
Ciò stante, in linea generale, in mancanza della materiale possibilità di consegnare al cliente lo scontrino relativo al corrispettivo della transazione Web, l’operatore Internet che opera nel commercio elettronico diretto dovrà fatturare ogni transazione con riferimento al momento di pagamento da parte del cliente, a prescindere dal numero delle transazioni e dal relativo importo unitario[8]. Nella maggior parte dei casi, attraverso Internet il committente paga contestualmente all’ordine e quindi il prestatore deve essere in grado di emettere fattura direttamente.
Le semplificazioni contabili attese.
Stante quanto innanzi riportato, va osservato che - sotto il profilo gestionale - maggiori sono stati i passi compiuti verso la semplificazione degli adempimenti amministrativi per ciò attiene al commercio elettronico indiretto, rispetto a quanto invece è stato previsto per il commercio elettronico diretto.
Infatti, come visto, per i corrispettivi derivanti dal commercio elettronico indiretto sussiste l'esonero dalla certificazione documentale, in dipendenza della assimilazione del commercio elettronico indiretto alla vendita a distanza.
Per quanto riguarda il commercio elettronico diretto, al contrario, manca la possibilità di ricondurre tale attività nel novero di quelle per le quali è previsto l'esonero dalla certificazione dei corrispettivi.
Tale circostanza comporta che l'esercente la citata attività possa astenersi dall'emettere la fattura ove non richiesto dal cliente[9], ma non può di fatto avvalersi di tale facoltà per l'obbiettiva impossibilità di "rilasciare" lo scontrino/ricevuta, mancando il contatto personale con il cliente, e per l'inammissibilità della trasmissione telematica del citato documento.
L'aspetto di semplificazione gestionale maggiormente atteso è, dunque, l'estensione al commercio elettronico diretto dell'esonero dalla certificazione dei corrispettivi, aspetto per il momento ancora non preso in esame dal Legislatore che pure è intervenuto in ordine alla semplificazione degli adempimenti contabili.
Infatti, il cosiddetto “collegato fiscale alla Finanziaria 2000” [legge 21 novembre 2000, n.342 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.275)], proprio in relazione agli adempimenti amministrativi del commercio elettronico (sia diretto che indiretto) ha previsto (art.101, comma 2, della citata legge 342), per le «transazioni di commercio elettronico aventi ad oggetto beni o servizi regolati con l’intervento di intermediari finanziari abilitati», una «semplificazione degli obblighi documentali, a tale fine potendosi prevedere la non obbligatorietà dell’emissione di fattura in presenza di idonea documentazione».
Per dare concreta attuazione alla semplificazione contabile, sono state ampliate “a posteriori” le deleghe previste dall’art.3, comma 136, della legge 662/96 che il Parlamento ha attribuito al Governo per la razionalizzazione e la semplificazione delle procedure di attuazione delle norme tributarie e degli adempimenti contabili e formali dei contribuenti.
In dipendenza della delega di cui all’art.3,comma 136, della citata legge 662, sono stati già approvati alcuni provvedimenti tendenti alla semplificazione degli adempimenti fiscali[10]. Ora, con la legge 342/2000, è stata prevista l’emanazione di un nuovo regolamento di attuazione recate la previsione della «non obbligatorietà dell’emissione di fattura» ove trattasi di transazioni elettroniche sia di beni fisici che di operazioni on-line regolate «con l’intervento di intermediari finanziari abilitati» (verosimilmente si tratterà dei pagamenti effettuati tramite carta di credito, assegno etc., in modo cioè che sussista una traccia documentale).
In effetti, per quanto riguarda la gestione amministrativa del commercio elettronico diretto, si tratta - dal punto di vista sostanziale - di riconoscere innanzitutto, sul piano normativo, un'agevolazione, vale a dire l'esonero dall'obbligo di fatturazione, già ammessa dalla prassi ministeriale, con l'assimilazione del commercio elettronico diretto alla vendita presso il domicilio del cliente.
E' poi auspicabile l'inclusione delle operazioni di commercio elettronico diretto nel novero delle fattispecie di esonero dalla certificazione dei corrispettivi previste dall'art.2 della legge 696/96. Per altro, le operazioni di commercio elettronico indiretto già sono comprese tra le casistiche del citato art.2, per effetto della loro riconducibilità alle vendite a distanza.
C'è invece il rischio che l’emanando regolamento introduca obblighi non previsti per quei settori, come le vendite a distanza, per i quali già la normativa attuale dispone [art.2, comma 1, lettera oo) della legge 696/96] l’esonero dagli obblighi documentali.

______________________
[1] Si ricorda che – stante quanto previsto dall’art. 18 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114 recante la riforma della disciplina del commercio, l’imprenditore che intende vendere beni fisici a consumatori privati tramite negoziazione Internet deve dare apposita comunicazione al proprio Comune di residenza. Solo in questo caso, quindi, si pone la questione della certificazione dei corrispettivi tramite uno strumento diverso dalla fattura. Invece, l’imprenditore che si rivolge esclusivamente ad altre imprese non deve dal luogo agli adempimenti di cui al citato D.Lgs. 114 e non può nel contempo riferirsi all’art.22 del DPR 633/72 per la certificazione dei corrispettivi.

[2] Nel chiarire la portata del DPR 696/96, l’Amministrazione finanziaria (Cfr. la Circolare del ministero delle Finanze n.97/E del 4 aprile 1997) ha precisato che devono essere ricomprese nell'ambito delle vendite per corrispondenza anche le vendite a domicilio, sempreché la consegna dei beni, oggetto degli ordini, non sia contestuale agli ordini stessi. In questo senso, le vendite negoziate in Internet soddisfano senza dubbio il presupposto della cennata non contestualità, postoché la formazione della negoziazione in Rete avviene in un momento distinto anteriore a quello della consegna del bene negoziato.

[3] In questo senso stabilisce l’art. 11, comma 2, del DPR n.513/97 recante le disposizioni sulla firma digitale e sulla regolamentazione civilistica - contrattuale dei contratti formatisi per via elettronica.

[4] Uno dei problemi cui si va incontro trattando della vendita telematica è quello di stabilire quando il compratore sia un “consumatore”. E’ consumatore la persona fisica che agisce per scopi che possono considerarsi estranei alla propria attività professionale”, con la necessità da parte del compratore di dichiarare, al momento dell’acquisto, il proprio status di “consumatore”, comprovandolo con l’indicazione dell’estraneità del bene acquistato alla propria attività professionale o d’impresa (Cfr. in questo senso la Cassazione civile, Sez. III, 14-04-2000, n. 4843).

[5] Cfr. la Risoluzione del ministero delle Finanze n. VI-12-2615 del 20-01-1994

[6] Cfr. la Nota della Direzione Regionale della Lombardia n.46585 del 5/6/2000

[7] Cfr. la Risoluzione del ministero delle Finanze n. 132/E del 28-05-1997 nonché la recente circolare 98/E (paragrafo 3.1.2) del 17 maggio 2000. L'Amministrazione finanziaria ha ritenuto che <>.

[8] Significativo appare, in questo senso, l’avviso espresso dal ministero delle Finanze (Cfr. la Risoluzione n. 96/E/VI-12-941 del 20-04-1995), nel rigetto dell’istanza di esonero dagli obblighi certificativi proposta da un contribuente operante nel settore della vendita, per via telematica tramite il servizio VIDEOTEL, di informazioni immagazzinate presso le banche dati delle Camere di commercio italiane.

[9] Posto che - come visto - le operazioni di commercio elettronico diretto sono annoverabili tra quelle esercitate presso il domicilio del cliente.

[10] Si tratta del DPR 23 marzo 1998, n. 100 (semplificazione e razionalizzazione di alcuni adempimenti contabili in materia di IVA), del DPR 22 luglio 1998, n. 322 (modalità per la presentazione delle dichiarazioni), e del DPR 30 dicembre 1999, n. 544 (semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in materia di imposta sugli intrattenimenti).




Le norme riportate sono tratte dall'Agenzia delle Entrate e Fonti Autorevoli, le informative vengono riportate nel modo più fedele possibile, al fine di offrire un servizio all'utente, non si risponde per eventuali inesattezze.




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